Missione

Funghi che si riproducono asessualmente via gemmazione o fissione dando luogo ad una crescita di tipo unicellulare”
Definizione di lievito da: “The Yeasts. A Taxonomy Study” Kurtzman C.P., Fell J.W. & Boekhout T. (eds.) Elsevier, Amsterdam, 2011

La missione della Collezione DBVPG del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università di Perugia è focalizzata all’acquisizione, classificazione e conservazione ex-situ di lieviti e di organismi lievito-simili, alla loro distribuzione ad Istituzioni pubbliche (Università, Centri di Ricerca e Sviluppo), nonché ad Aziende private ed industriali (incluse PMI) nazionali ed internazionali. Tutti i ceppi conservati sono disponibili per scopi didattici e di ricerca; molti di essi anche per lo sviluppo industriale. La Collezione DBVPG è citata tra le prime 5 Collezioni su scala globale sulla base del numero di ceppi di lievito conservati e rappresenta un punto di riferimento su scala globale per lo studio della biodiversità dei lieviti.

La Collezione DBVPG fornisce inoltre alla comunità scientifica internazionale e industriale servizi di consulenza su tematiche scientifiche e biotecnologiche connesse all’uso dei lieviti. Tra questi,  l’identificazione, il deposito di ceppi di lieviti per conto terzi, nonché lo svolgimento di specifici corsi di formazione sullo studio e sull’uso dei lieviti. Su richiesta, progetti di ricerca commissionati da terzi possono essere svolti su base strettamente confidenziale.

La Collezione DBVPG è affiliata alla European Culture Collection Organization (ECCO) e alla World Federation of Culture Collections (WFCC) ed è riconosciuta come  Autorità Internazionale di Deposito (IDA, ai sensi del Trattato di Budapest) di lieviti e di organismi lievito-simili per scopi brevettuali (solo 3 IDA sono presenti in Italia).

Visione

La Collezione DBVPG, nata come collezione di laboratorio all’inizio del 1900, è oggi arrivata a conservare oltre 7000 ceppi di lieviti caratterizzati dal punto di vista tassonomico e fisiologico; questi rappresentano una larga parte della biodiversità totale dei lieviti ad oggi descritti che però risulta ancora ampiamente sconosciuta (si calcola che oltre il 97% delle specie potenzialmente presenti negli ecosistemi terrestri non sia stata ancora studiata).

In quest’ottica la Collezione DBVPG prefigura un suo ruolo fondamentale nella descrizione di nuove specie e nella loro caratterizzazione tassonomica, fisiologica e biotecnologica, quale anello di congiunzione tra ricerca di base e ricerca applicata.

Le nuove sfide ambientali e climatiche stanno spingendo verso uno sviluppo in grado di rispettare l’ambiente e che contribuisca a mitigare gli effetti del cambiamento climatico. L’uso di microrganismi per la produzione di nuove biomolecole, alcune di esse in grado di sostituire molecole prodotte da idrocarburi di origine fossile, sembra prefigurarsi come uno dei possibili scenari futuri di sviluppo delle biotecnologie su scala globale. In questo contesto la Collezione DBVPG potrà svolgere un ruolo chiave, grazie alla biodiversità microbica ampiamente caratterizzata che conserva.

La Storia

1906 -1975. I primi anni come "Collezione IMAT"

La Collezione, inizialmente denominata “Collezione dei Lieviti Vinari dell’Istituto di Microbiologia Agraria e Tecnica” (acronimo IMAT), fu fondata all’inizio del 1900 quando la Scuola Superiore di Agricoltura decise di includere la microbiologia (una scienza ancora agli inizi) all’interno dei propri curricula. Ciò avvenne in maniera lungimirante rispetto alla Scuola Superiore in Medicina (che introdusse la microbiologia medica come soggetto separato dalla patologia generale alla fine della seconda guerra mondiale) e di quella di Scienze Biologiche (che arrivò alla stessa determinazione solo negli anni ’60).

Nel 1906 la “Scuola Superiore di Agricoltura” di Perugia chiamò il Prof. Gino de’ Rossi, un giovane professore di Igiene alla Scuola Superiore di Medicina dell’Università di Pisa, a ricoprire la prima cattedra di “Microbiologia Agraria e Tecnica”. Egli abbandonò immediatamente i suoi studi sui batteri patogeni per dedicarsi a quelli sui microrganismi di interesse agro-industriale. A Gino de’ Rossi può essere attribuito il primo ceppo di lievito isolato ed inserito all’interno della Collezione: un ceppo di Saccharomyces cerevisiae isolato nel 1912 da mosto in fermentazione.

La Collezione IMAT andò incontro ad un significativo sviluppo ed espansione a partire dall’inizio degli anni ’30. La ragione principale di questo è da ricercarsi nella sua funzione di supporto alla conservazione dei ceppi di lievito isolati nel corso dei numerosi studi di carattere ecologico iniziati da de’ Rossi e continuati dal suo successore Prof. Tommaso Castelli, insieme con i suoi collaboratori (Prof. Augusto Capriotti, Prof. Corrado Cantarelli, Prof. Alessandro Martini ed altri) i quali ne hanno continuato l’opera per oltre 40 anni.

Analogamente a molte altre Collezioni di lavoro, anche la Collezione IMAT è nata spontaneamente con lo scopo principale di conservare le innumerevoli colture isolate e classificate tra il 1933 ed il 1971. Queste sono state isolate, tra gli altri substrati, a partire da alcune migliaia di campioni di mosto in fermentazione, suolo, aria ed acqua, compost e letame, organi animali ed umani, alimenti, bevande alcoliche, insilati, frutta, insetti, caverne, fiori e miele. Dal 1950 fino alla metà degli anni ’70 la Collezione IMAT sopravvisse grazie a piccoli contributi da parte del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), il quale continuò con pregevole continuità a garantire fondi annuali con la promessa di prendere in considerazione la possibilità di costituire una Collezione nazionale di colture microbiche.

In quegli anni le colture di lievito erano conservate su provette di malt agar a temperatura ambiente con una frequenza di rinnovo intorno ai 3-4 mesi. La prima e la seconda edizione del catalogo ufficiale della Collezione IMAT furono pubblicate rispettivamente nel 1955 (con 1.200 ceppi) e nel 1965 (con 2.100 ceppi).

1975 - 1984. Riorganizzazione della "Collezione IMAT"

A partire dalla metà degli anni ’60, la Collezione IMAT andò incontro ad un progressivo deterioramento per varie ragioni. Prima di tutto, il numero di nuovi ceppi inseriti diminuì in maniera significativa a causa dei cambi di interessi scientifici dell’Istituto di Microbiologia Agraria e Tecnica. Inoltre, la riduzione dei fondi a disposizione impose una progressiva riduzione della frequenza dei trasferimenti periodici da 3 a solo uno all’anno, allo scopo di ottenere un risparmio nei terreni di coltura e nell’impiego del personale, ma causando la perdita di un certo numero di colture.
Un altro problema fu quello dell’identità dei ceppi conservati da più vecchia data nella Collezione IMAT. Questi erano stati classificati durante differenti periodi (dal 1930 al 1975), ogni volta in accordo con le tecniche di uso corrente al momento dell’isolamento. In molti casi, l’identificazione dei ceppi non era stata aggiornata sulla base della tassonomia corrente. Inoltre, la procedura di conservazione in malt agar era diventata rapidamente obsoleta (altre Collezioni avevano iniziato ad adottare la liofilizzazione come un sistema di conservazione più economico e sicuro).
Per queste ragioni, nel 1975 fu deciso di dedicare una larga parte del potenziale di lavoro dell’Istituto di Microbiologia Agraria e Tecnica alla revisione organizzativa e tecnologica della Collezione IMAT. A partire dal 1984, grazie al prezioso lavoro dei Prof. Alessandro Martini e della Prof.ssa Ann Vaughan-Martini, il lavoro preliminare di riorganizzazione fu terminato. Allo stesso tempo, fu deciso di trasformare la Collezione IMAT in una Istituzione di Servizio.

1984 – 1990. Trasformazione della Collezione IMAT nella Collezione di servizio DBVPG

Nel 1984, l’Istituto di Microbiologia Agraria e Tecnica (che ospitava la Collezione IMAT) si fuse con l’Istituto di Botanica, creando il Dipartimento di Biologia Vegetale. Di conseguenza, la Collezione IMAT assunse la nuova denominazione di “Collezione dei Lieviti Industriali – Industrial Yeasts Collection” e l’acronimo fu cambiato in DBVPG. Contemporaneamente, fu pubblicata la terza edizione del catalogo ufficiale.

Come Collezione di servizio, la Collezione DBVPG impostò le proprie attività nel rispetto di tre funzioni di base: acquisizione, conservazione e distribuzione di colture di lievito e di informazioni ad esse associate. Inoltre, essa iniziò a fornire un servizio di classificazione (sia su base convenzionale che, soprattutto, molecolare) di ceppi non identificati. Il principale scopo istituzionale della Collezione DBVPG fu quindi rappresentato dalla salvaguardia delle risorse genetiche e della biodiversità dei lieviti conservati, così come delle loro proprietà biotecnologiche. Questo obiettivo, essenziale per ogni Collezione di colture, fu ottenuto tramite la conservazione dei microrganismi in condizioni tali da garantire sia la loro sopravvivenza, sia la preservazione della loro integrità genetica.

1990 - ad oggi. Attività recenti della Collezione DBVPG

Fin dal 1997 la Collezione DBVPG ha acquisito dal Ministero del Commercio (le cui funzioni sono state in anni recenti assorbite dal Ministero per lo Sviluppo Economico) la qualifica di IDA (International Depositary Authority), cioè un centro accreditato al deposito di ceppi di lievito e di funghi lievito-simili (ad eccezione di quelli potenzialmente pericolosi per la salute umana) in via di brevettazione, sulla base della Convenzione di Budapest.

Nel 2001 (anno di pubblicazione della quarta edizione del catalogo e della creazione del primo sito web) erano conservati oltre 4.000 ceppi di lievito (appartenenti ad oltre 500 specie). In anni più recenti, grazie al contributo di progetti finanziati da Istituzioni nazionali e sovranazionali (CNR, MIUR, EU), sono state studiate ed incluse nella Collezione DBVPG numerose colture di lievito isolate da ambienti estremi dell’Africa (Somalia) e del Sud America (Brasile, Argentina), e oltre 1000 colture di lievito ottenute in seguito a campagne di isolamento condotte in ambienti freddi (es. Antartide, regioni Artiche, Himalaya, Ande, Alpi). Nel 2013 è stato pubblicato il secondo sito web della Collezione e il primo catalogo on-line.

2017 - ad oggi. Joint Research Unit MIRRI-IT

Nel 2017 l’Università di Perugia (rappresentata dalla Collezione DBVPG), congiuntamente ad 4 altri partners (Università di Torino, Università di Modena e Reggio Emilia, Consiglio Nazionale delle Ricerche, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino), ha istituito la Joint Research Unit MIRRI-IT (Microbial Resource Research Infrastructure – Italy) con lo scopo principale di superare la frammentazione nella disponibilità di risorse e servizi delle Collezioni di microorganismi. 

MIRRI-IT (http://www.mirri-it.it/) costituisce il nodo italiano dell’Infrastruttura di Ricerca Europea MIRRI (Microbial Resource Research Infrastructure, www.mirri.org) inclusa nella roadmap ESFRI 2016, che rappresenta la più grande infrastruttura Europea di ricerca nel settore delle Collezioni di microorganismi. Scopo di MIRRI-EU è la creazione di un’infrastruttura paneuropea che garantisca la conservazione e la distribuzione di microorganismi e loro derivati (opportunamente controllati e conservati) e di tutti i metadati associati, per favorire la conoscenza e l’innovazione sia del settore accademico, sia del settore industriale, con importanti ricadute nello sviluppo biotecnologico.

Dopo la fondazione di MIRRI-IT nel 2017, alle 5 Istituzioni fondatrici, altre strutture, distribuite in tutte le regioni d’Italia, si sono unite, ottenendo di entrare a far parte di MIRRI-IT come Enti Associati. Ad oggi gli Enti Associati sono 16, tra Università, Istituiti Zooprofilattici e Centri di Ricerca.

Principali attività di MIRRI-IT:

  • coordinamento del funzionamento delle Collezioni di colture microbiche in Italia secondo gli standard internazionali di qualità stabiliti, anche tramite la creazione di un network nazionale;
  • armonizzazione delle procedure delle Collezioni di colture microbiche sulla base delle norme nazionali e internazionali (es. Protocollo di Nagoya, diritti di proprietà intellettuale, privacy, biosicurezza, ecc.);
  • promozione della cooperazione interdisciplinare e rappresentare l’Italia nelle reti e organizzazioni nazionali e internazionali e fornitura di un punto di ingresso unico per l’offerta di servizi microbiologici di qualità agli stakeholders.
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